domenica 24 dicembre 2017

Idee per una sera di festa: riso con capesante e profumo di zafferano


Di Lucia Bongiorni

Un risotto "di magro" per una serata di festa, tra amici o in famiglia: le capesante si sposano con il riso della Lomellina e pregiati stimmi di zafferano coltivato in una valle dell'Oltrepo pavese dove i colori del sole giocano tra le colline e i vigneti.

E' impossibile non lasciarsi conquistare da questo risotto, che ha il profumo del mare e il colore dell'oro rosso:  semplice da preparare, ma capace di incantare anche i più esigenti. In questi giorni di corsa, la scusa giusta per ritrovarsi tra i fornelli, senza fretta e senza tempo. Infiniti istanti di bien vivre.

Per realizzare questo risotto, ho preparato innanzitutto le capesante (ne ho calcolate un paio per ogni commensale), riso Carnaroli, vino Chardonnay Fattoria Cabanon, zafferano in stimmi dell'Azienda Agricola Filippo Pré, un porro, una noce di burro e brodo vegetale q.b.
Pulite le capesante e tagliatele a grossi pezzi. Tritate il porro, quindi fatelo soffriggere in una padella con il burro, versatelo in una ciotola e tenetelo da parte. Nella stessa padella in cui avete preparato il porro versate il riso e fatelo tostare a fuoco vivo, quindi aggiungete il porro e, un minuto dopo, fate sfumare con mezzo bicchiere di vino. Regolate, quando necessario, con il brodo vegetale caldo e, solo a metà cottura, aggiungete le capesante a tocchetti. Qualche minuto prima di togliere il riso dal fuoco, unite gli stimmi di zafferano che avrete già lasciato sciogliere in qualche cucchiaio di brodo caldo. Portate a termine la cottura e, dopo aver impiattato il risotto, arricchitelo con una macinata di pepe rosa.  Una deliziosa sorpresa sulla punta della forchetta.




martedì 5 dicembre 2017

Un insolito pranzo in "Drogheria"...



di Lucia Bongiorni
Dopo tanti anni, una passeggiata a Casale Monferrato. E' stato difficile non ricordare quando vi andavo per fare ricerche nella biblioteca del Seminario, tra i raggi di sole che giocavano tra i libri antichi di una sala che, solo per la sua bellezza, mi aveva rapita. 
Dopo tanti anni, Casale Monferrato. Una passeggiata in centro, a vedere il suggestivo duomo di Sant'Evasio, di fondazione medievale e voluto dal re longobardo Liutprando, passando per piazza Mazzini per fermarsi a fare una fotografia sotto la statua equestre di Carlo Alberto. Quattro passi sotto i portici e il pranzo in un locale insolito, storico e suggestivo.

Mi è piaciuto fermarmi a pranzare tra le bottiglie e gli scaffali della Drogheria Corino: buon vino, buon cibo e la cordialità dei gestori a rendere speciale una domenica che pareva come altre. Tra le coloratissime scatole di latta con i krumiri di Casale e pregiati rossi piemontesi, ho asssaggiato un vitello tonnato degno di nota, semplice e saporito come nella migliore tradizione. Squisita la carne battuta al coltello accompagnata dalla cugnà, una composta di mosto d'uva che sa rendere ancora più prelibati sia i buoni formaggi di Langa che la pregiata carne piemontese. Sapori forse semplici ma che sanno di tradizione, quella che andrebbe riscoperta; sapori esaltati da un ottimo Ruché, lo stesso che non puoi non acquistare quando passi tra le colline incantate e senza tempo di Castagnole Monferrato.

Un pranzo insolito, in una Drogheria - la Drogheria Corino - che vive la storia di casale Monferrato dal 1764. Infiniti e ineffabili istanti di bien vivre.

sabato 25 novembre 2017

Ravioli e ricordi

Ravioli di carciofi, ricotta e crescenza
di Lucia Bongiorni

La pasta appena fatta ti lascia tra le mani un profumo che sa di passato e di futuro, di sogni ma anche di ricordi. La mia pasta fresca sa di quando avevo sei anni e la nonna Giovanna apriva l'armadio bianco della sua cucina per prendere la macchina Imperia - proprio quella con la manovella - per preparare le lasagne o le fettuccine; la mia pasta sa di tutti i sogni che mi attraversano lo sguardo mentre preparo l'impasto e mi inebrio del suo crudo profumo. 
La mia pasta di oggi profuma di carciofi e ricotta, fresca e artigianale, una pasta ripiena da preparare per la domenica e da condividere o, semplicemente, da preparare per sé. Un guscio che nasconde una verde sorpresa autunnale capace di evocare - ancora una volta come quella Madeleine di proustiana memoria - il calore di un pranzo di tanti anni fa, quando tutto sembrava una magia e il tempo un'ineffabile scatola magica.

Preparate la pasta fresca con 350 grammi di farina bianca, 150 grammi di semola rimacinata, quattro uova intere e un pizzico di sale. Una volta ottenuto l'impasto, fate una palla, avvolgetela nella pellicola e lasciatela riposare.
Nel mentre, cuocete i carciofi, già puliti in acqua e limone. Mettete in una capiente padella qualche cucchiaio di olio extravergine d'oliva e un trito di prezzemolo e aglio. In questo soffritto, aggiungete i carciofi e lasciateli stufare finché non saranno tenerissimi. Cotti che siano, lasciateli intiepidire, quindi tritateli finemente. In una ciotola, mettete il trito di carciofi, la ricotta vaccina fresca e un po' di crescenza. Io prediligo quelle artigianali e buonissime dei fratelli Cavanna di Rivanazzano. Unite al composto un paio di uova intere, una bella macinata di pepe rosa e regolate di sale.
Tirate la pasta, se vi piace usando la macchina Imperia della nonna, proprio quella con la manovella, come faccio io, e preparate i ravioli, che farete cuocere in abbondante acqua salata e servirete conditi con burro, salvia e parmigiano. Un piatto tra sapore e ricordo, da gustare una domenica d'autunno: infiniti istanti di bien vivre.

domenica 19 novembre 2017

Esercizi di stile: fonduta e tartufo

di Lucia Bongiorni

Verso la fine di Novembre, la Fiera del tartufo di San Sebastiano Curone (AL) è per me un irrinunciabile rito d'autunno. Il paese arroccato tra le montagne, una valle bellissima e ora dipinta con i colori dell'oro e del rosso, dal piccolo centro con i suoi vicoli micidiali, si colora di banchi e profumi: caldarroste tra i colori delle verdure d'autunno; formaggi di langa e salumi varzesi; vin brulè per scaldarsi le mani e il cuore nel freddo sole di novembre. Regna principe il tartufo, delizia così rara quest'anno, ma capace di promettere silenziosamente la gioia del palato.

Una tappa per acquistare della buona fontina d'alpeggio, matura che mi ricorda il fieno tagliato, e un paio di tartufi per guarnire il piatto forte della serata. Il latte fresco, le uova della gallina del vicino - si sa, anche quelle, come l'erba, sono più saporite - e un poco di pazienza sono gli ingredienti di questo piatto caldo e goloso che per alcuni sa di montagna e di neve, ma per me sa di quella nebbia lontana che copre la campagna dell'Oratorio dei Rossi; sa di incontro inaspettato che ti fa ritrovare un'amica di tanti anni fa. Sa di tutte quelle cose che scaldano il cuore: sa di ricordi e di sogni. 

Provate questa fonduta, di ricetta rigorosamente artusiana, arricchendola con scaglie di tartufo e servendola con pane caldo e croccante. Io l'ho abbinata a un calice di Montepulciano d'Abruzzo Villa Gemma del 2007, un rosso intenso che ricorda i frutti rossi e le spezie, dal sapore tannico che ben si sposa con un piatto così importante. Infiniti istanti di bien vivre.

domenica 5 novembre 2017

Dell'autunno e delle sue magie.



di Lucia Bongiorni

Ha uno strano sapore la vita, quando ci si sveglia e si sente il ticchettio della pioggia sul tetto e contro i vetri.  Viene voglia di guardare verso le colline per vedere le basse nubi che coprono i filari; voltare gli occhi per correre con lo sguardo alle foglie rosse che coprono la terra e la pianta di rosmarino, nell'angolo del giardino, verdeggiante pur nell'umido freddo della prima belletta di Novembre. Immagini che, come quella Madeleine di cui ho già parlato, giocano con il mio tempo e la mia memoria, mi trascinano giocoforza ai profumi della cucina di un novembre di tanti anni fa, il sugo di funghi della nonna che sobbolliva lento, appena percettibile, sul  caldo buono della stufa a legna pochi giorni prima della fiera di san Martino. 

Ricordi di un viale d'autunno dipinto nella mente, di vino novello e di caldarroste da ritrovare anche sulla tavola di oggi, in un primo piatto semplice e genuino, che sa di quel passato, di affetto e forse anche di nostalgia.


Tagliatelle fresche con ragù bianco di funghi e carne.

Preparate innanzitutto gli ingredienti fondamentali per le tagliatelle: la farina, la semola, le uova, un pizzico di sale, il mattarello, la forza per impastare e un sorriso per non sentire la fatica. Usate un uovo intero ogni cento grammi di farina, di solito io preparo un impasto con 300 grammi di farina bianca, 100 grammi di semola e 4 uova intere. Una volta pronto l'impasto, avvolgetelo nella pellicola, lasciatelo riposare e dedicatevi al sugo.

Preparate il ragù: tritate grossolanamente una grossa manciata di funghi secchi già lasciati ammollare in una ciotola di acqua tiepida. In una casseruola - io ne uso una di coccio - mettete qualche cucchiaio d'olio di oliva, cipolla, sedano e carota tritati finemente e uno spicchio di aglio intero e fate soffriggere. Aggiungete quindi i funghi, la carne bovina macinata, una foglia di alloro, qualche chiodo di garofano e una bacca di ginepro. Fate rosolare la carne, quindi aggiungete un buon bicchiere di fino rosso e lasciate sfumare. Regolare di sale e pepe, quindi lasciate sobbollire delicatamente per circa un'ora e mezza.

Nel mentre, preparate le pasta. Tirate la sfoglia, usando la macchina oppure il mattarello e tagliatela. Ricordate che la pasta fresca non necessita di una lunga cottura: pochi minuti in acqua bollente saranno sufficienti. Conditela con il  ragù bianco nel quale avrete aggiunto, prima di toglierlo dal fuoco, una noce di burro freschissimo. 

Servitele accompagnate da un buon bicchiere di vino rosso: la mia scelta stasera è Cabanon Noir Piccolo Re, squisito Pinot nero che esalta il sapore autunnale di questo sapido piatto. Infiniti istanti di bien vivre.





giovedì 2 novembre 2017

Fish & chips ed altri britannici pensieri.



di Lucia Bongiorni

Mi manca Londra, mi manca Brighton, mi manca il Tamigi. Mi mancano le mie giornate sognanti tra le tele della National Gallery, la musica d’organo che mi cullava e commuoveva mentre ero a Westminster, mi mancano le passeggiate presso il London Bridge e l’ombra degli alberi presso la London Tower. Mi manca Piccadilly Circus con i suoi pub, e quello presso Trafalgar Square dove mi sono fermata a mangiare un panino con il prosciutto e bere thè caldo, perché non stavo bene ma non potevo stare lontana da Londra. Mi manca il viale con la prospettiva di Buckingham Palace sullo sfondo, e la bandiera che sventola all’aria per dire che Lillibeth is at home. I miss Brighton, I miss The Black Lion, il sidro amarognolo che bevevo al crepuscolo, con il mare della Manica appena sullo scorcio del vicolo. Mi mancano i Lanes e i fantasmi che vi abitano, gli stretti vicoli bui ma fioriti di gerani rossi, mi mancano il Royal Theatre e quegli spettacoli so gorgeous di cui capivo solo la metà ma mi entusiasmavano così tanto. Mi mancano anche le luci del Pier che si specchiano sulle onde e l’immagine degli impavidi nuotatori che, la notte, non temevano quel mare e scivolavano sulle acque come delfini. In fondo mi mancano anche tutte quelle ore trascorse, tra la luce e il buio, su pullman che mi portavano qua e là: a Bath per immaginare Jane Austen che sfiorava le acque delle terme romane, tra le strade di Oxford e Cambridge, per una passeggiata troppo veloce tra le pietre di Stonehenge in un giorno di pioggia e nebbia e freddo. Ripenso a quel giorno sull’isola di Wight, all’afternoon tea con Giulia e a quelle risate mentre cercavamo di farcire i nostri scones e la marmellata è finita ovunque. Forse, in fondo, mi mancano persino i placement tests delle scuole in cui sono stata, ripetitivi ma così diversi, e le ore in aula tra compagni di ogni Paese del mondo, mentre sulle strade di Brighton sole e pioggia giocavano così in fretta. To be honest, I miss the UK, so it’s time to leave.... Oh, gosh! I forgot to say... I miss fish and chips!

Fish and chips
Gli ingredienti? Filetti di merluzzo, buone patate, pisellini verdi, qualche foglia di menta, farina bianca, farina di mais, un uovo, un cucchiaio di lievito di birra, acqua, sale e pepe, olio per la frittura.
Tagliate il merluzzo a pezzetti, quindi infarinateli. Fate stufare i piselli con poco olio d'oliva, uno spicchio d'aglio che poi toglierete, regolate di sale e, quando cotti, prima di toglierli dal fuoco, aggiungete una manciatina di foglie di menta. Lasciateli raffreddare, quindi passateli con il minipimer fino ad ottenere una crema densa che versete in piccole ciotoline monoporzione. Una volta pronta la crema di piselli, preparate una densa pastella con le farine, il lievito di birra, l'uovo, l'acqua. regolate di sale, quindi immergetevi il merluzzo tagliato. Mentre fate cuocere il merluzzo, in una padella a parte, preparate le patatine fritte.
Servite il merluzzo accompagnato dalle patate e dalla profumata crema di piselli alla menta. Enjoy your time!

mercoledì 1 novembre 2017

Il profumo del passato e le "pangialline" nel forno.



di Lucia Bongiorni

Mi raccontava mia nonna che c'era un tempo in cui, la notte dei "morti", si lasciava la tavola apparecchiata: sulla tovaglia era usanza lasciare un piatto di morbide pangialline e un po' d'acqua. Era quel tempo in cui i nostri cari, quelli che ci hanno già lasciato ma che ancora - talvolta - ci accarezzano la guancia quando dormiamo, tornavano una notte nelle loro case e chi li aspettava, chi lo sapeva, attendeva il loro arrivo e lasciava loro qualche dolcetto e un bicchiere d'acqua per dissetarsi. Al mattino, i biscotti di mais tanto diffusi nel mio Oltrepo venivano consumati per colazione, con il latte o il caffè.

Antichi come i giorni di cui mi parlava mia nonna Giovanna, che mi ha lasciato in eredità la passione per i fornelli e i piatti tipici del cosiddetto Antico Piemonte, i giallini - o pangialline che dir si voglia - sono grossi biscotti che venivano serviti il giorno di san Giorgio e venivano preparati utilizzando i fiori di sambuco. Con il trascorrere degli anni, le pangialline sono poi diventate il dolce del 2 novembre.

Il profumo di questi biscotti nel forno mi ricorda quei giorni di quando ero piccola, quando il 2 novembre c'era una nebbia che nemmeno lasciava intravedere il rosso dei filari di vite sulla collina di fronte casa e c'era davvero un freddo becco. Il 2 novembre mangiavo le pangialline e aspettavo con tanta trepidazione la fiera di San Martino, scaldandomi il cuore e le labbra con queste delizie di farina gialla. 

Pangialline, o pane di meliga
Prendete 200 grammi di farina bianca, 300 grammi di farina di mais, 200 grammi di zucchero e setacciateli insieme con un pizzico di sale. Quindi aggiungete 3 tuorli, 100 grammi di burro fuso, un po' di latte, la scorza di mezzo limone grattugiato e una bustina di lievito di birra sciolto nel latte tiepido. Mescolate il tutto per ottenere un composto compatto ma facilmente lavorabile con le mani. Lasciatelo riposare un'ora al caldo, quindi preparate i biscotti che farete cuocere nel forno -  preriscaldato a 180 gradi - per circa venti minuti. Quando i vostri sensi saranno ammaliati dal profumo dell'autunno dell'Oltrepo, le vostre pangialline saranno pronte per essere gustate, anche tiepide. Infiniti istanti di bien vivre.


lunedì 23 ottobre 2017

Per dolce... castagne!



Profumo d'autunno e profumo di castagne: dolci e gustose, si prestano a preparare tanti piatti sia dolci che salati. Prima ricetta della stagione, il tradizionale castagnaccio. Dolce antico di tradizione toscana, vanta una storia leggendaria che vuole che i piccoli aghi di rosmarino che lo adornano e profumano siano un filtro d'amore così potente da far innamorare l'uomo che lo riceve.

Che lo facciate per conquistare il cuore dell'amato - o amata - o meno, prendete mezzo chilogrammo di farina di castagne e setacciatela. Aggiungete una presa di sale, tre o quattro cucchiai di zucchero e mezzo bicchiere di olio di oliva. Lavorate l'impasto, quindi aggiungete circa sette decilitri di latte, una manciata di pinoli e della buona uvetta sultanina fatta già rinvenire nell'acqua tiepida. Lavorate l'impasto mentre fate riscaldare il forno a 180 gradi, quindi versatelo in una teglia foderata di carta da cottura. Sarà pronto quando sulla superficie vedrete una crosticina.

Cotto ed intiepidito, tagliatelo a piccoli quadri o rombi che metterete in un piatto di portata ben cosparsi di profumati aghi di rosmarino. Accendete qualche candela e versate due calici di moscato secco: dimenticate le lancette del tempo che scorre per amare questo vostro momento. Infiniti istanti di bien vivre.

sabato 14 ottobre 2017

Della zucca e di altre golosità: gnocchi a pranzo!





di Lucia Bongiorni

Ha il sapore e il colore dell'autunno - quello che sentimmo arrivare nelle piogge d'agosto - la zucca dolce e farinosa che allieta la tavola di oggi. Calda e morbida, si trasforma in piccoli gnocchi che amo servire bollenti, conditi solo con burro fuso appena profumato di salvia e abbondante parmigiano grattugiato. 

Mettete a cuocere la zucca - io prediligo la berrettina - tagliata a fette in forno e, nel mentre, fate bollire tre grosse patate. Cotte che siano, lasciatele raffreddare, quindi schiacciate le patate in una ciotola e ggiungetevi la polpa di zucca. Regolate con farina bianca, aggiungete uno o due uova intere affinché il composto sia più consistente. In una grossa pentola, portate ad ebollizione l'acqua, versatevi gli gnocchi e scolateli non appena a galla. Scoprirete o riscoprirete il dolce e delicato sapore della zucca in un piatto goloso, poco convenzionale e di sicuro successo. 

Di che colore è la felicità?

Infiniti istanti di bien vivre.


domenica 17 settembre 2017

Verdure inconsuete: le polpette di melanzana.


di Lucia Bongiorni

Verdure golose, inconsuete e curiosamente cucinate: la lucida rotondità della melanzana si trasforma in una ghiotta e morbida polpetta, sfiziosa per tutti i palati, anche per quelli dei più piccoli. Semplici da preparare e di sicuro successo, servitele con lunghi stecchi e decorate solo con profumate foglie di erba salvia.

Prendete delle belle melanzane, tagliatele a fette, salatele e mettetele nel colapasta a perdere l'amaro per un paio d'ore. Quindi lavatele, tagliatele a cubetti e fatele saltare in padella con un paio di cucchiai d'olio extravergine d'oliva, prezzemolo tritato, uno spicchio d'aglio e una macinata di pepe. Regolate di sale se necessario.  Terminata la cottura che sia, lasciate intiepidire e tritate grossolanamente i cubetti con la mezzaluna, quindi trasferite il tutto in una boule e aggiungete un paio di uova intere, parmigiano, un po' di pane grattugiato per regolare la consistenza dell'impasto. Fate delle palline grosse come delle noci, passatele nel pangrattato e friggetele. Io le servo caldissime, come antipasto, ma sono ottime anche come secondo piatto, accompagnate da una fresca insalata.


giovedì 17 agosto 2017

Tra i sapori del cuore: la quiche di salmone, pepe rosa e spezie.



di Lucia Bongiorni



Che colore hanno i ricordi? Sono verdi come il bosco, il basilico e l’aneto; rossi, come il profumato pomodoro. Rosa come il tempo passato, azzurri come il mare. I ricordi hanno un colore, un profumo. I ricordi sono talvolta nascosti nello scrigno di un piatto, nei suoi profumi, come in queste piccole quiche al salmone e pepe rosa, un piatto versatile che sa d’estate ma ben si presta ad essere servito anche caldo, magari accompagnato da una croccante insalatina di cuori di carciofo. Tutti noi abbiamo un luogo della memoria, una canzone del cuore, un sapore saldamente legato a un istante della nostra vita. La mia proposta si rivela un piccolo incanto che sa di salmone, cardamomo, anice stellato, semi di finocchio, noce moscata e cumino. Lasciate che il suo profumo venga esaltato da un buon vino bianco dell’Oltrepo pavese: la mia scelta stasera è caduta sul brut Peu Moussant della Tenuta Le Fracce.
Cucinatele così, queste piccole quiche: nascondete nel loro scrigno di pasta la magia della speranza; sale e pepe rosa quanto basta, tanta fantasia, infinito amore, spruzzatele con acqua di sogno senza dimenticare passione e stupore. Finalmente quel tempo che stavamo cercando: infiniti istanti di bien vivre.

Quiche al salmone, pepe rosa e spezie.

Prendete del buon salmone affumicato - personalmente amo quello scozzese - e tagliatelo a listarelle prima e poi a piccoli tocchetti e mettetelo in una ciotola. Quindi preparate una buona besciamella, prestando attenzione che non sia troppo liquida, regolatela di sale e lasciatela intiepidire prima di aggiungerla al salmone. Completate il ripieno con le spezie che avrete già miscelato nel mortaio: una bacca di cardamomo aperta, bacche di pepe rosa appena schiacciate, una foglia di alloro pestata, semi di finocchio, anice stellato, un pizzico di cumino oppure di noce moscata. Regolate di sale e aggiungete uno o due uova intere che daranno compattezza al ripieno in cottura. Versatelo quindi nel guscio di pasta brisé che avrete preparato in anticipo, decorate con un pomodorino intero e fate cuocere nel forno a 180 gradi per circa quindici minuti. 

venerdì 4 agosto 2017

Profumi di Sicilia: la pasta alla Norma.



di Lucia Bongiorni

Vera delizia dalla Sicilia, si racconta che, all'inizio dello scorso secolo, lo scrittore e sceneggiatore catanese Nino Martolio fosse a pranzo in via Etnea a Catania: di fronte a lui, superbi spaghetti conditi con pomodoro, ricotta e melanzane fritte. Entusiasta dell'ottimo piatto, lo paragonò alla Norma, la più celebre delle opere del "cigno di Catania", il compositore Vincenzo Bellini. Chista è una Norma, un piatto superbo come il celebre componimento belliniano.

Scegliete maturi pomodori e preparate il sugo: qualche cucchiaio di buon olio extravergine di oliva, uno spicchio d'aglio che lascerete imbiondire e poi leverete, quindi i pomodori aggiunti a grossi pezzi insieme a qualche foglia di basilico. Cotti che siano, lasciateli intiepidire, passateli con il passaverdure e fate restringere il sugo sul fuoco dolce regolandolo anche di sale. Mentre i pomodori intiepidiscono, tagliate a fette le melanzane e mettetele a spurgare con il sale affinché perdano l'amaro, quindi lavatele e tamponatele con della carta da cucina. Friggete le melanzane in olio bollente, quindi lasciatele scolare sulla carta assorbente affinché perdano l'unto in eccesso. Mentre friggete le melanzane, fate cuocere la pasta: maccheroni rigati o spaghetti. Una volta cotta, fatela saltare nella padella con il sugo di pomodoro a cui aggiungerete, appena prima di levarla dal fuoco, una bella manciata di foglie di basilico fresco. Impiattate e completate con le melanzane fritte e la ricotta salata grattugiata.

Sedetevi a tavola e provate a chiudere gli occhi: sentirete il profumo verde del basilico, la gioia del rosso pomodoro, l'intensità della ricotta. Sentirete i profumi dell'isola e, chissà, quella voce calda e potente cantare Casta diva che inargenti... 
Un momento tutto per sé: infiniti istanti di bien vivre.

giovedì 3 agosto 2017

Rapide sfiziosità: tortino di tonno e patate "alla mia maniera"


di Lucia Bongiorni

Ricetta rapida e semplicissima da realizzare, il Tortino di tonno e patate "alla mia maniera" non è che la variazione di quel buon "finto pesce" che completava un tempo i pranzi estivi nelle case di campagna. 

Prendete delle patate - per la mia ricetta ho utilizzato la Patata di Bologna D.O.P. - e fatele lessare con la loro buccia. Una volta che si saranno intiepidite, passatele con lo schiacciapatate. A parte sgocciolate il tonno dall'olio di conservazione e tritalelo molto finemente insieme a un cucchiaio di capperi, qualche acciuga, un paio di rossi d'uovo sodo e qualche foglia di profumato prezzemolo. Per questa ricetta ho utilizzato due scatolette da 160 grammi per cinque patate di media pezzatura. Per rendere il composto più omogeneo, potete metterlo nel frullatore, come peraltro faccio io. Una volta ottenuto, aggiungetelo alle patate passate e mescolate con cura. Ora potete finalmente dargli la forma a voi più gradita: tortino, come nel mio suggerimento, oppure, come si faceva un tempo, mettetelo in uno stampo a forma di pesce e divertitevi a decorarlo con fettine sottili di uovo sodo, capperi, majonese e qualche cetriolino in agrodolce. 

Piatto povero, antico e versatile, si presta ad essere accompagnato da una delicata majonese profumata al timo oppure a divenire un divertente e goloso pesciolino che certo sarà gradito anche dai nostri commensali più piccoli.
A tavola insieme: infiniti istanti di bien vivre.

mercoledì 2 agosto 2017

Golosità in casa: gnocchi con zucchine, pomodoro e Castelmagno


Gnocchi con zucchine, pomodoro e Castelmagno

di Lucia Bongiorni

Una ricetta estiva, che ha come protagoniste le buone verdure dell'orto, invitante e golosa ma anche semplice da realizzare e splendida da servire.  Gli gnocchi di patate, quelli della ricetta li ho realizzati con la patata di Bologna D.O.P., sono soffici, delicati e preparati con solo patate bollite, schiacciate e poca farina - null'altro -  ben si sposano alla verde freschezza delle zucchine saltate in padella e alla golosa pregevolezza del buon Castelmagno, formaggio erborinato piemontese.

Preparate gli gnocchi lasciando bollire le patate con la loro buccia. Una volta cotte e intiepidite, sbucciatele e schiacciatele sulla spianatoria. Aggiungete un pugno di farina e un pizzico di sale, nulla più, e lavorate l'impasto con le mani. Formate quindi dei cilindri e divideteli a piccoli tocchetti a cui darete la forma caratteristica degli gnocchi utilizzando i rebbi di una forchetta. 
Lasciati che siano gli gnocchi a riposare sulla spiantoia, preparate le zucchine: uno spicchio d'aglio, buon olio extravergine d'oliva e, se volete, mezzo peperoncino, che fa bene al cuore e all'anima. Saltate le zucchine, tagliete a fettine o a cubetti, a fuoco vivo, regolate di sale e, poco prima del termine della cottura, aggiungete prezzemolo tritato e i filetti di pomodori perini già pronti e pelati. Normalmente, per preparare i filetti di pomodoro, scotto in acqua bollente per pochi minuti i perini e poi li pulisco.
Portate a ebollizione l'acqua per cuocere gli gnocchi, salateli e gettateveli: vanno scolati non appena vengono a galla e fatti saltare nel sugo di verdure caldissimo. Impiatteteli e completateli con piccole scagliette di buon Castelmagno.


giovedì 27 luglio 2017

Quel "Vecchio Portico" da cui vedo il lago...

Sotto il Vecchio Portico, all'ombra del Sancarlone

di Lucia Bongiorni

La città di Arona è come una bella donna che si adagia tra le sponde del lago Maggiore e l'ombra della statua colossale di San Carlo: baciata dal calore delle acque del lago, ammalia i visitatori con la grazia delle sue strade piccole e ben curate, la linea antica dei suoi palazzi, il tepore del suo clima.  Tra le virtù della bella cittadina piemontese, una più di altre solletica il palato e stuzzica i sensi. Appena oltre la cinquecentesca chiesa di Santa Maria di Loreto, o di Santa Marta, la cui prima pietra venne posta verso la fine del Cinquecento, si apre il portico, antico e suggestivo, che ospita l'Hostaria al Vecchio Portico.
Stuzzicanti proposte dello Chef
Lo chef Pino Criolesi propone un interessante e stuzzicante menù, ben curato nei dettagli, dall'accostamento dei sapori fino alla presentazione: piatti della tradizione piemontese - da me tanto amati fin dalla più tenera età - a quelli più spiccatamente legati al luogo nel quale ci troviamo. Come resistere al profumo del Castelmagno e a quei tajarin, resi inconfondibili dalla salsiccia di Brà?

Fagottino d'uovo con fonduta di Parmigiano
Incapace di scegliere tra tante golose tentazioni, mi lascio convincere dal gustosissimo Fagottino d'uovo con fonduta di Parmigiano Reggiano: profumato e invitante, la succulenta fonduta ben si sposa al fagottino d'uovo dal cuore caldo ma tenerissimo. Un concerto di sapori reso ancora più seducente dalla croccantezza del pane e dall'olio extravergine che perfezionano il piatto.

Fritto misto di lago con majonese al timo
Tra le proposte della carta, non si può non provare anche il Fritto misto di lago, così curiosamente servito con una salsa majonese freschissima e aromatizzata al timo: ottimo e croccante, un piatto che si presenta incantevole già agli occhi e gustosissimo al palato. Il gusto ma anche la cortesia del personale, cordiale e sorridente, perché, prima di tutto, per ritrovare il nostro tempo dobbiamo perderci in un sorriso. Infiniti istanti di bien vivre.



giovedì 20 luglio 2017

Estive golosità: l'insalata di trota.

Da casa mia: l'insalata di trota.

Un suggerimento dalla vostra golosa e curiosa Lucia Bongiorni.
L'insalata di trota si presenta come piatto fresco, estivo, semplice da preparare e da accompagnare.  Giovanni Goria, autore dell'esemplare Cucina del Piemonte collinare e vignaiolo, di cui vi ho già parlato, presenta la ricetta e suggerisce di prepararla con le trote dell'allevamento di Centallo, che definisce "il migliore del Piemonte" (pag. 28). La tenera ma compatta carne delle trote, lessate seguendo la ricetta tra poco indicata, si presta ad essere servita accompagnata da patate lesse, pomodorini dell'orto tagliati a metà oppure con insalatina verde, misticanza e germogli, magari arricchita dalla nota croccante dei ghierigli di noce.  Domenica scorsa ho presentato l'insalata di trote su un letto di patate lesse e qualche pomodorino del mio orto, fresca ma non freddissima affinché i sapori e i profumi potessero pizzicare il palato dei miei commensali. Il tutto accompagnato da un ottimo vino: la mia scelta è caduta sullo squisito Cabanon Rosé, servito fresco, il cui bouquet fruttato si sposa al sapore di questo inconsueto antipasto e lo completa amabilmente.
Le trote vanno pulite e fatte cuocere in un court-bouillon preparato con acqua, mezzo bicchiere di vino bianco, un paio di cucchiai di aceto, gambi di sedano, una cipolla tagliata in quattro e un mazzetto di prezzemolo. Lasciatele sobbollire per una decina di minuti: fate attenzione che la carne non si sfaldi. Una volta cotte e intiepidite che siano, vanno pulite e, lasciata la polpa a grossi pezzi, si arricchisce con un condimento di buon olio extravergine d'oliva passato nel frullatore con capperi, prezzemolo e qualche filetto di acciuga.
Così accomodata, la trota  - bianca o salmonata che sia - si presta a divenire un goloso e originale antipasto estivo. Tra i profumi dell'orto e il sole dell'estate: istanti infiniti di bien vivre.

Goria G., Cucina del Piemonte collinare e vignaiolo, Franco Muzzio Editore, Padova 1990 - 2002


mercoledì 19 luglio 2017

Luci sul lago


di Lucia Bongiorni

Nell'incanto dell'Isola dei Pescatori, nel cuore del Lago Maggiore, quando i colori della primavera si rispecchiano tra le dolci onde del lago. Una passeggiata tra le piccole strade e l'occasione per fermarsi e ritrovare un poco del proprio tempo in un angolo tra cielo e montagna dove sembra che l'orologio si sia fiabescamente fermato.
Ritrovare il proprio tempo anche nel gusto, su una terrazza sul lago che, oltre pochi gradini, si apre alla magia delle onde che appena sotto si rifrangono sulla riva della piccola isola.

Antipasto di pesce di lago in carpione
Il Ristorante Belvedere offre un menù in cui vengono proposti anche piatti di pesce di lago deliziosi ed accattivanti, accompagnati da una carta dei vini interessante, in cui spiccano pregiati nomi piemontesi e non solo. Imperdibile, l'antipasto di pesce di lago in carpione - così originale ma così legato alla tradizione piemontese. Profumato d'agro e gustoso, evoca un sapore antico e certi ricordi ancora vivi, pur senza un nome.
Sorprese dal menù...
Capace senza alcun dubbio di soddisfare la curiosità gastronomica di molti amanti della buona cucina, tra cui le "signore golose e curiose" che, come me, amano perdersi tra le magie dei fornelli e cercare quella parola, magari ancora non detta, su un buon locale, il menù del Belvedere riserva ancora delle sorprese. Sapidi e gustosi, i ravioli di luccio combinano perfettamente l'alba carne pregiata del pesce con la pasta e invogliano a provare altre portate in un pranzo in cui il filo conduttore è il lago con le sue ricchezze. 
Tra i secondi, il filetto di coregone accompagnato dalle verdure, rivela la sua bontà prima agli occhi e poi al palato.
Una cornice senza tempo, una terrazza sulle onde. Il gusto e il Tempo, quello con la maiuscola, che, stavolta, si ferma e magicamente si siede accanto a noi. Infiniti istanti di bien vivre.


sabato 27 maggio 2017

Taccuino di viaggio: a pranzo con Don Camillo

La bottega di don Camillo, Brescello


di Lucia Bongiorni

Il Po comincia a Piacenza, e a Piacenza comincia anche il Mondo piccolo delle mie storie, il quale Mondo piccolo è situato in quella fetta di pianura che sta fra il Po e l’Appennino”, scriveva Giovanni Guareschi per spiegare dove si trovasse quel mondo descritto tra le sue pagine e reso celebre dalle pellicole interpretate da Gino Cervi e Fernandel.



Ecco, se stasera o ieri sera o quando eravate così piccoli da non ricordare nemmeno più quando, avete visto una di quelle pellicole che profumano di passato e nostalgia, non negatevi di trascorrere una giornata nella “Bassa”, a Brescello.  Ore senza tempo come non esiste un tempo per le storie di Giovannino Guareschi. Una passeggiata tra le vie del paese per fermarsi poi ad assaporare i piatti della cucina tradizionale nella bella Bottega di Don Camillo, poco distante dal museo che conserva tante curiosità dei già menzionati film. Sarete accolti dalla simpatica vitalità della padrona di casa, Marisa, sorridente ed amabile; la tavola è quella semplice, con la tovaglia a quadri; la cucina è casalinga e profuma di parmigiano reggiano, di culatello e di lambrusco.

Gustosi suggerimenti per l'antipasto
L’antipasto della casa è goloso e così stuzzicante da invitare alle portate successive, come i ravioli di zucca – rigorosamente fatti a mano – e le imperdibili tagliatelle al culatello. Tra i secondi piatti, la mia scelta è caduta sulla coppa al lambrusco, un piatto semplice della tradizione emiliana, cucinata e servita con il lauro, verde profumo dell’orto. Saporite delizie servite con il vino lambrusco, quello buono, “messo in vetro in Luna calante sulla riva destra del Po”, come suggerisce Chierici, “solo per gli amici fidati”. Ancora una volta, ancora insieme. Brevi ma infiniti istanti di bien vivre.

Il lambrusco della casa - Azienda vinicola Chierici, Gualtieri (RE)