domenica 26 marzo 2017

La proposta della domenica: i malfattini con le erbe del "Bosco"


I Malfattini con le erbe del "Bosco" e fonduta di Montebore


Di Lucia Bongiorni

Una passeggiata nell’orto, la mattina, e il profumo della primavera: la sorpresa di stamattina, trovare biete tenere ma già croccanti tra l’erbe verdissime di questo marzo un po’ pazzerello. Nasce così la proposta di questa domenica, un piatto tradizionalissimo, i malfatti della nonna, accompagnati da una fonduta di Montebore, formaggio presidio Slow Food della Valle Borbera.

Malfattini con le erbe del “Bosco” e fonduta di Montebore
Ingredienti per quattro persone
Biete freschissime, circa 400 grammi
3 uova intere
Parmigiano grattugiato, sale, pangrattato, odore di noce moscata
Montebore, grammi 200
Latte quanto basta

Preparazione
Cuocete al vapore le biete, quindi lasciatele scolare e raffreddare. Nel frattempo, tagliate il Montebore a cubetti e lasciatelo in infusione nell latte. Prima di passarle con la mezzaluna – come la nonna insegna – strizzatele accuratamente. In una terrina, preparate quindi i malfatti:  aggiungete al trito di biete le uova intere e profumatelo con grana o parmigiano e poco pangrattato, che toglierà l’umidità della verdura e renderà il composto più compatto. Regolate di sale e aggiungete la farina, poca alla volta, fino ad ottenere un composto che sia abbastanza consistente. Ancora un po’ di farina sulla spianatoia per fare i malfatti, che vanno gettati nell’acqua bollentissima, già salata, e scolati, come gli gnocchi, non appena salgono a galla. Mentre l’acqua arriva a temperatura, preparate la fonduta: mettete il Montebore e pochi cucchiai del latte in cui è stato in infusione in una casseruola o polsonetto e lasciatelo fondere a fuoco dolcissimo. Una volta tolto dal fuoco, versatene un paio di cucchiai in ogni piatto di servizio, quindi aggiungete i malfatti, appena scolati e bollentissimi. Profumate con un pizzico di noce moscata quindi servite.
Un piatto antico, quello stesso delle nonne o delle bisnonne, servito alla domenica; un piatto che sa di tradizione, di sorrisi, che sa del sole dell’estate. Innumerevoli ricordi e infiniti istanti di bien vivre.

sabato 25 marzo 2017

Scorci d'Oltrepò: La Cave Cantù




di Lucia Bongiorni

Incastonata come una perla in un palazzo del Settecento, tra le colline dell’Oltrepò pavese, l’Hosteria La Cave Cantù di Casteggio ha il raro privilegio di offrire la magia di un ambiente sereno, meravigliosamente ovattato e un po’ fuori dal tempo, abbinato a una cucina che si riscopre depositaria della tradizione pavese e dell’antico Piemonte rivisitati in chiave moderna.

Appena dietro il “Pistornile”, la vecchia chiesa di Casteggio, Certosa Cantù –come suggerisce il nome – ospitava i monaci certosini. La linea rigorosa dell’antico palazzo fa giocare con la fantasia e pare quasi che da uno dei portoncini della piccola corte interna possa ancora apparire un monaco. Poco oltre, le colline fiorite dalla primavera giocano con i colori e la luce. Il profumo dell’antico splendore del palazzo non fa intuire nulla del dolceamaro gusto moderno degli interni dell’Hosteria, in cui pochi, intimi tavoli sono valorizzati dalla luminosità delle vetrate e da un sapiente gioco di luci che, la sera, rende ancora più intimo l’ambiente.  


 Un luogo incantevole e capace di far dimenticare lo scorrere del tempo, in cui poter assaporare le interessanti proposte dello chef, Damiano Dorati. La sua vocazione per la cucina si svela fin dalla prima adolescenza: varzese di nascita e affascinato dalla figura della nonna, ricerca la propria strada – e la propria originalità tra i fornelli – attraverso lo studio e l’esperienza, anche oltreoceano. Nascono così dei piatti che rivisitano la tradizione, come il pomodoro ripieno laccato al miele, con burrata affumicata e guacamole. Una piccola sorpresa gourmet che racconta del sole dell’estate, del profumo del Mediterraneo e dell’amore dello Chef per la sudamericana Maria Peña, compagna di vita di Damiano e responsabile della cantina dell’Hosteria, anch’essa attenta ai sapori dell’Oltrepò.
Infiniti istanti di bien vivre.


sabato 11 marzo 2017

La perfezione in un calice



di Lucia Bongiorni



Ha il sapore di un locale di altri tempi: l’atmosfera un po’ rarefatta, la ricercata semplicità dei legni e del decoro, le cassette ormai non più colme di profumate mele che incorniciano bottiglie e amenità. Contemporaneo ma con uno sguardo attento verso la tradizione, Radici è un nuovo locale nel cuore di Pavia, quell’antica capitale del regno longobardo e scrigno di preziosi gioielli medievali.  Una passeggiata per la città non può non concludersi con una sosta da Radici

Le proposte dell’abilissimo Teo Stafforini non lasciano indifferenti: le etichette selezionate, circa una trentina, offrono i migliori vini, anche dell’Oltrepo pavese; i “miscelati” trascendono le solite carte dei locali per offrire cocktail assolutamente originali e “originari”, come suggerisce il nome del locale.

I miscelati: Radici
Da provare è l’Antichi sapori, a base vermouth, dolceamaro ed equilibratissimo: un gioco di toni che evoca quel gusto retrò dell’aperitivo in galleria; incantevole e sorprendente anche il cocktail Radici, la delicata perfezione dello sweet and sour racchiusa in un calice.

I miscelati: Antichi sapori
 Le proposte di Radici, però, non si fermano e la carta dei drink è completata da una serie di suggerimenti stuzzicanti, capaci di ingolosire non solo chi è ghiotto quanto me. Le acciughe del Cantabrico sono servite in un interessante abbinamento con la burrata; deliziosa la selezione di formaggi con composte, tradizionale ma sempre invitante. 

Una passeggiata per il centro della città, senza dimenticarsi di alzare gli occhi e rimanere incantati di fronte all’antica grazia dell’arte e una sosta da Radici, Originari&Originali. Infiniti istanti di Bien vivre. 
www.radicipavia.it

Golose acciughe del cantabrico e burrata.