sabato 30 marzo 2019

Della Barbera e di altri amori: un pomeriggio da Braida.





di Lucia Bongiorni

Profumo di legno, di vite e di vita mi accolgono in un piccolo paradiso tra le colline di Rocchetta Tanaro. Profumo di legno, di vite e di vita m'inebriano, mentre i miei occhi si perdono nella splendida barricaia delle cantine Braida.

Una volta si diceva che la Barbera fosse un vino da consumare giovane, magari nella pausa dal lavoro e all'ombra di quelle colline che sanno di nocciole e di un tempo antico. Si credeva che la Barbera fosse un vino da consumare subito, eppure Giacomo Bologna ha saputo convincerci del contrario. Era il 1961 quando Giacomo - fine appassionato dei vini di qualità e nato in una terra vocata alla vite - decide di imbottigliare: l'anno successivo nasce La Monella, il cui piacevole frizzantino ha già tanto deliziato il mio palato in più occasioni, e con essa nasce un'etichetta, Braida, che ci riporta a quel gioco, che sia palla elastica o tamburello, in cui il nostro Giacomo era così bravo.



Giacomo Bologna fa di più. Va in Borgogna quindi in California e torna nell'amato Piemonte con l'idea che farà la differenza: il legno piccolo, la barrique, capace di donare profumo e tannini alla Barbera, ormai pronta a maturare con il tempo e per il tempo. Nel 1985 si presenta con il Bricco dell'Uccellone al Vinitaly: un nome che ricorda un'anziana signora che abitava nei pressi della vigna, sempre vestita di nero e che tutti chiamavano "l'uselùn". Un vino che profuma di frutti rossi e spezie, dal caldo colore rubino. Corposo e intenso come un grande amore, si presta a essere abbinato a grandi piatti della cucina piemontese e a baci appassionati.

Tradizione e ricordo s'intrecciano in questo mio pomeriggio piemontese in un piccolo paese dal cuore antico: al palato, un sorso di Bacialé, dal sentore di mora e che riporta alla tradizione ormai perduta di baciare la mano allo sponsale, e negli occhi il caldo sole di marzo.
Rocchetta Tanaro mi riporta a una vita fa, a quando ero una bambina e la domenica si andava a fare una gita in Piemonte. Mi ricorda quel tempo spensierato, in cui tutto - ai miei occhi - era nuovo e ancora non conoscevo le parole per descrivere i miei sentimenti. Oggi, forse, conosco tante di quelle parole, e se quel tempo è ormai trascorso, ancora m'incantano le colline e le strade tra i fossi e i pampini nel sole. Ancora una volta il sapore e il ricordo. Profumo di legno di vite e di vita: infiniti istanti di bien vivre



mercoledì 6 marzo 2019

Santo Palato, amato Oltrepò.



di Lucia Bongiorni

Una sera a Casteggio: parliamo di Oltrepò pavese, parliamo di una terra meravigliosa fatta di boschi e castagne, fatta di colline disegnate da vigneti, fatta d'amore e di passione. Parliamo di una sera in Oltrepò, quando si ha voglia di sedersi al tavolo, bere un calice di spumante e parlare di terra e di vita. Parliamo di Santo Palato, dove tutto questo ha preso vita.

Una piccola saletta, dove stili diversi ma sapientemente accostati mi hanno accolta mentre il mio palato era accarezzato dal Blanc de Blanc di Tenuta Mazzolino, uno dei miei spumanti preferiti. Una credenza anni Cinquanta e un bel tavolo Vintage; una radio che ricorda un tempo ormai trascorso e la luce soffusa di un locale dall'atmosfera calda e accogliente.



Il ristorante Santo Palato di Casteggio è una piccola perla di tranquillità e buon gusto tra le strade: due piccole sale, un'ottima selezione di vini e un menù che offre le specialità del mio amato Oltrepò pavese. La carta è veramente interessante: la mia scelta, come antipasto, è stata il Prosciutto del Prete - affumicato maison - con una deliziosa confettura senapata di clementine, sempre rigorosamente artigianale, seguito da un delizioso ossobuco "fondente" accompagnato da verdure miste. Sapido e stuzzicante, il sapore del Prosciutto del Prete ben si sposa alla confettura di agrumi ma con un piacevole retrogusto di senape, pizzicante senza essere invadente. 

Prosciutto del Prete affumicato maison con confettura di clementine

Assolutamente delizioso e morbidissimo l'ossobuco - una ricetta tipica della zona e che io stessa, nella mia cucina, amo preparare - cucinato in modo tradizionale e accompagnato da verdure miste. 

Ossobuco tradizionale
A coronamento della cena, una degustazione di formaggi della Fattoria I Grater, deliziose prelibatezze che vengono prodotte nella Valle Schizzola: l'azienda, che aderisce al progetto Slow Food Lombardia, si distingue per la produzione di formaggi caprini che Santo Palato presenta in accostamento a confetture prodotte nella propria cucina. Da non perdere, il Grater Blu, il cui gusto leggermente piccante ben si sposa con confetture e composte di frutti rossi o uva americana. 

Degustazione di formaggi I Gratèr
L'Oltrepò pavese è una terra che merita di essere scoperta o riscoperta: i suoi vigneti, i suoi boschi, le sue colline. Sacre Edicole che si nascondono nell'angolo del fondo attendono la visita del pellegrino curioso; l'antico castello sulla cima del monte ancora svetta all'orizzonte mentre ancora oggi - come un tempo - si passa e si alza lo sguardo al cielo. Annibale, oggi come allora, ai miei occhi, si ferma a Casteggio per rinfrescarsi prima di proseguire il suo viaggio. E in questa terra meravigliosa, di cui non mi stancherò mai di parlare perché è il mio Oltrepò, si possono vivere emozioni fantastiche, attraverso gli occhi, i profumi e i sapori di una cucina antica ma sempre nuova. Dimenticare il tempo che corre con le sue lancette inesorabili: l'Oltrepò Pavese e infiniti istanti di bien vivre.

lunedì 4 marzo 2019

Sorsi d'Irpinia, sorsi di gusto



di Lucia Bongiorni

In un lunedì pomeriggio insolito, nella cornice dall'atmosfera preziosa e rarefatta dell'enoteca Hic di Milano, Altro Palato Distribuzione ha presentato le etichette selezionate e presenti nel catalogo Sorsi d'Irpinia 2019

Cinque piccoli produttori campani, cinque storie di famiglia e passione per il vino, un solo territorio: l'Irpinia, una zona dalle forti escursioni climatiche e dai terreni di origine vulcanica in cui nascono vini eleganti e profumati. Se ogni bottiglia racconta un'annata e un territorio, ogni cantina racconta una storia. Se il filo conduttore di questa presentazione si può riconoscere nella volontà di far conoscere un territorio particolarmente vocato a una produzione eccellente, durante la degustazione ho potuto scoprire il filo rosso che lega i produttori presenti: l'amore per un lavoro duro ma pieno di vita e per quel vino che - come diceva Aristotele - conforta la speranza.

Sertura, vignaioli in Irpinia
Giancarlo Barbieri di Sertura, vignaiolo in Irpinia, propone i suoi Fiano di Avellino DOCG del 2017 e il Greco di Tufo DOCG dello stesso anno, dal sapore fresco, floreale con una nota sapida al palato, l'Aglianico DOC - dalla nota profumata di frutti rossi - e il suo Taurasi DOCG. L'azienda Sertura nasce quando Giancarlo decide, da conferitore, di mettersi in proprio. Nel 2013, uscendo con i suoi primi vini imbottigliati, prende vita la sua cantina, capace di produrre un vino elegante e rispettoso del suo territorio di nascita.


Irpinia Aglianico DOC Stefania Barbot
Stefania Barbot, dell'omonima azienda agricola, propone due vini che profumano di memoria, di tempo e di nostalgia: Ion e Fren, entrambi a base di uve aglianico e dalla storia straordinaria. Stefania, milanese di nascita ma campana d'adozione, ha trasformato un sogno in realtà. Il cuore tra i filari: desiderio e volontà hanno fatto il resto. 

Taurasi DOCG Fren Stefania Barbot
Ion, ἴον, viola come il colore del vino e come i piccoli fiori che nascono e si nascondono tra le siepi nel tepore di marzo; Fren, φρήν, anima ma vorrei dire anche ricordo, perché nasce da longevi vigneti - di quasi settant'anni di età e coltivati a starsete - che rivelano nel fusto lo scorrere del tempo. Entrambi interessanti, ricordano all'olfatto i frutti rossi; il colore intenso, la nota di ciliegia e un improvviso ricordo antico che torna ai miei sensi, fanno sì che Fren sia quel vino che mi evoca una serata senza tempo davanti al camino.

Fiano d'Avellino DOCG Numero Primo VentitréFilari
"Ventitré filari e un'azienda giovane" - mi dicono con orgoglio - in cui nasce il Fiano d'Avellino Numero Primo dell'azienda agricola VentitréFilari di Montefredane. La storia della vigna di nonno Alfonso, nato proprio nel 1923,  mi ricorda artigianalità e la vendemmia come una festa.

Greco di Tufo DOCG Sphera di Cennerazzo

Le cantine Cennerazzo di Torrioni producono invece un solo vino, il Greco di Tufo DOCG Sphera: una scelta forse inconsueta dettata, però, dalla volontà di raggiungere un alto livello qualitativo e dall'idea di coronare un sogno, quello di Sebastiano Cennerazzo.Sebastiano e i suoi figli portano avanti la tradizione del loro territorio e la risolutezza - come loro stessi dichiarano - di "affermare uno stile prima ancora di poter vendere prodotto". 

Taurasi DOCG Borgodangelo
Ancora dal cuore dell'Irpinia altri vini straordinari prodotti dalla Società agricola Borgodangelo: Irpinia Campi Taurasini DOC, il Taurasi DOCG, rossi di grande tradizione che ben si sposano ai piatti più saporiti della tradizione campana e non, a cui si aggiungono il fresco Irpinia Rosato, ottenuto in purezza, e il Greco di Tufo DOCG. 

Sembra improvvisamente facile chiacchierare di vino e di profumi e di ricordi e di sensazioni in questo pomeriggio: ci troviamo sconosciuti ma quasi amici con un calice di vino tra le mani e il sorriso sulle labbra. 
Saluti, stringi la mano e conosci i produttori. Ognuno di essi ha una storia che merita ben più spazio di queste poche righe, perché fatta di tradizione e innovazione. Perché fatta, innanzitutto, da un sogno che vuole diventare realtà. Tra una parola e l'altra, cresce il desiderio di visitare un territorio, l'Irpinia, dal suolo straordinario e dalla gente capace di produrre un vino che si vuole far risalire al VII secolo a.C.
Stringi la mano, saluti e ringrazi i produttori: un saluto che non vuole essere un addio, bensì un arrivederci. Infiniti istanti di bien vivre.