domenica 28 luglio 2019

Cantine Scuropasso, la passione nel calice (in Oltrepò Pavese)




di L. Bongiorni e C. Curti

Una fetta di terra di Lombardia, oltre il Po: facile ingannarsi, per chi non la conosce. Ma il viaggiatore incantato, lo straniero accorto, il saggio viandante sanno che, da un tempo ormai senza conto, quella fetta di terra incastrata tra quattro provincie si scrive e si legge Oltrepò Pavese. Piccolo territorio di antiche tradizioni, da secoli vocato alla produzione del vino e patria del Metodo Classico.


Siamo nel 1865 quando il conte Augusto Carlo Giorgi di Vistarino propone il primo spumante secco, nato dalle barbatelle di pinot nero da lui portate, qualche decennio prima, dalla Borgogna in Oltrepò. Qualche anno dopo, a Codevilla, Domenico Mazza produce lo spumante Montelio, poi chiamato lo Champagne d'Oltrepò e premiato con il primo posto all'Esposizione Internazionale di Milano nel 1894. L'inizio del XX secolo dà ancor maggior lustro a questo vino: nel 1907 Pietro Riccadonna fonda a Casteggio la SVIC, acronimo di Società Italiana Vinicola Casteggio, presto conosciuto e pubblicizzato anche oltreoceano. La fama dello spumante dell'Oltrepò pavese è resa ancor più luminosa dalla produzione - negli anni Venti e Trenta - delle cantine La Versa, protagoniste anche del rilancio della produzione spumantifera oltrepadana dopo la sofferenza delle due guerre.  
Oggi in Oltrepò pavese si contano numerose realtà di eccellenza che impreziosiscono questo territorio già così interessante. Come potrebbe il viaggiatore goloso e curioso passare da Valle Scuropasso senza fermarsi nell'omonima cantina, senza fermarsi a bere un bicchiere di Roccapietra? In uno degli incontri organizzati dal quotidiano La Provincia Pavese Fabio Marazzi, titolare della Cantina Scuropasso, ci racconta il suo vino e subito sulle labbra si ritrovano tutto l'amore e la passione e l'attenzione che contraddistinguono questa azienda nata nel 1962. Quattro generazioni di viticoltori ti accompagnano in un percorso che prima di tutto è fatto di duro lavoro e forti emozioni. Qualche decennio fa c'erano le vasche in cemento, chiamate orbe, cieche, perché avevano un solo occhio, una sola - imprudente, terribile, talora mortale apertura. Oggi queste vasche, tagliate come al vivo, sono divenute stanze che ancora profumano di vino e di umidità, in cui vengono conservate le preziose bottiglie sapientemente accatastate dalla bravura di veri Maestri accatastatori. Le pareti sembrano di vetro, una bellezza sotterranea che attende di essere degustata. 

La raccolta, nelle vigne di Fabio, è ancora rigorosamente manuale, a cassetta, e i grappoli così preziosamente interi possono essere portati in cantina per la spremitura. La lavorazione è sapiente e dal sapore artigianale; nessun pesticida, nulla che non sia il solfato di rame esattamente come un tempo, quello stesso che trasforma il lavoro in amore, una passione che si ritrova nel calice. Un lungo tempo necessario per ottenere sia squisiti spumanti, come il Roccapietra brut che il Roccapietra Zero, che per ottenere i grandi rossi della tradizione, come l'imperdibile Buttafuoco Lunapiena.


Il Roccapietra brut è un metodo classico 100% pinot nero, rimasto a riposare sui lieviti fino allo scorso giugno. Di recente sboccatura, esprimerà al meglio il suo potenziale con un’ulteriore permanenza “sul tappo di sughero” di qualche mese, dopo la quale ci sorprenderà ancora di più. Fin da ora si capisce chiaramente che nel bicchiere abbiamo un metodo classico di grande spessore. L’unione sapiente delle annate 2013/2014 ha fatto perdere il millesimo a questa bottiglia, ma ciò si è reso necessario a causa di una vendemmia, la 2014, non favorevole per gli spumanti. Alla vista si presenta di un colore giallo paglierino brillante, con un perlage persistente e ben visibile. Al naso è schietto e fine; dai sentori sprigionati si percepisce immediatamente la lunga permanenza sui lieviti, ma emergono anche sentori floreali e di frutta acerba. Una nota dolce ci annuncia il pizzico di zucchero (sei grammi/litro) che ci attende all’assaggio. In bocca è delicato, con una bollicina ben presente ma non certo invadente. Di giusta acidità, fresco e sapido, è uno spumante che bilancia le durezze con il residuo zuccherino tipico dei dosaggi “brut”. Questo metodo classico è facilmente definibile “a tutto pasto”, come aperitivo,  ma anche da abbinare ad un buon pesce al forno oppure a un primo piatto con un sugo bianco. Da non perdere con alcune delle ricette più tradizionali dell'Oltrepò pavese come la trota in bianco o il Cappone ripieno, un piatto che profuma di festa.

Il Metodo Classico Millesimato 2009 Roccapietra Zero Pinot Nero, presentato in formato magnum, è un non dosato a base pinot nero vinificato in purezza. “Non dosato” significa una cosa ed una soltanto: niente viene aggiunto e niente viene tolto al risultato della doppia fermentazione da cui nasce uno spumante. Solo un’accorta vinificazione può creare un metodo classico a zero dosaggio che sia piacevole al palato e apprezzabile da tutti. Se aggiungiamo che il pinot nero richiede un lungo, lunghissimo affinamento sui lieviti per esprimere tutto il suo potenziale, possiamo solo intuire quali e quante siano le difficoltà e le variabili per ottenere un risultato apprezzabile. Lo “zero” di Roccapietra, una “bollicina paziente” come piace definirla a casa Marazzi, è tutto questo e molto di più. La bottiglia aperta è frutto di uno degli innumerevoli esperimenti che Fabio prova nella sua cantina: alla sboccatura eseguita nel 2016 è seguito un periodo di lungo riposo in bottiglia di ben tre anni a contatto col sughero.

Nel bicchiere il colore è giallo paglierino intenso e brillante, con una bollicina finissima e ottimamente disciolta. Avvicinando il naso al bicchiere ci troviamo davanti ad un’esplosione di profumi: i lieviti, in un paziente lavoro durato più di sessanta mesi, hanno lasciato traccia importante anche nei sentori, per cui ritroviamo il profumo che si sente al mattino in pasticceria. Una nota olfattiva di spezie e agrumi accompagna il bicchiere all’assaggio. In bocca, la persistenza è ben oltre la tipica manciata di secondi e prevalgono giustamente gli elementi di durezza: la quasi totale assenza di zucchero affida alla freschezza, alle bollicine e all’alcol il compito di raggiungere un perfetto equilibrio. L’armonia che si coglie tra le parti è assoluta, con un risultato di pregio e di lunga memoria. Il secondo bicchiere diventa quasi un obbligo ad un aperitivo, ma si potrebbe proseguire con un fritto di verdure o di pesce, che esaltano ancor di più quello che realmente è questo spumante e che non si può spiegare se non degustandolo. Oltraggioso, direbbe qualcuno, ma follemente gustoso per accompagnare una fetta dell'ottimo salame - rigorosamente artigianale e a grana grossa, come vuole la migliore tradizione - che Fabio e sua moglie Manuela hanno offerto alla degustazione!


Ultimo vino in assaggio, ma non per importanza, è il buttafuoco Luna piena. Questo vino di assoluta singolarità nel panorama enologico italiano, è l’espressione più completa della vinificazione in rosso firmata Oltrepò Pavese. Il “miracoloso” assemblaggio tra croatina, barbera, uva rara e ughetta di Canneto ci dona un vino dal carattere forte, quasi invincibile. Il riposo in tonneau (scelte al posto delle barrique) e in seguito in bottiglia, per un periodo di quattro anni complessivi, gli dona ancor più carattere. Il suo colore rosso rubino è di sorprendente profondità. Avvicinando il naso al bicchiere stupisce la complessità organolettica che si rivela: sono distintamente percepibili i sentori di frutti rossi come ribes e ciliegia; questi profumi sono esaltati e non sovrastati da note speziate, da un sottile boisé e dalla vaniglia, segno di un ricercato equilibrio tra affinamento in legno ed invecchiamento in bottiglia. Portando il bicchiere alle labbra capiamo perfettamente il significato del nome di questo vino: al buta me‘l feugh, “scaldacome il fuoco”. La sensazione di calore è diffusa, importante ma non sovrasta la freschezza della barbera e l’eleganza dell’uva rara. Il tannino è ben bilanciato dalla morbidezza, ma in attesa di arrotondarsi ulteriormente riposando in vetro ancora per qualche tempo. Impazienti di assaggiare il buttafuoco storico in arrivo, come prima annata, nel 2020, Luna piena saprà accompagnare ed esaltare piatti come l'anatra arrosto e lo spezzatino di cinghiale "alla mia maniera" nelle nostre giornate d'autunno.

Le colline dell'Oltrepò pavese disegnano all'orizzonte curve sinuose che sembrano confondersi talvolta nella luce accecante del mezzogiorno, talvolta nel rosso del tramonto. Per chi arriva da lontano, sembrano le curve di una giovane addormentata tra il verde che si trasformano, d'incanto, in prati, boschi e vigneti. L'Oltrepò pavese ti accoglie così, come una terra che vuole svelarsi a poco a poco, forse gelosa dei suoi segreti ma felice di poterti accompagnare alla loro scoperta. L'Oltrepò ha tanti volti e tanti sapori, quanti le piccole bollicine di un calice di Metodo Classico, rigorosamente oltrepadano. Una terra da riscoprire, in cui vivere infiniti istanti di bien vivre.