mercoledì 5 agosto 2020

"Rurale" e profumo di luppolo



di Lucia Bongiorni

C’erano una volta un vecchio silo e un sogno. “C’era una volta” forse è esagerato per parlare del 2009, eppure all’inizio c’erano solo un silo e cinque amici che decidono di dedicare una parte della propria vita alla birra. Sogno che diventa realtà o una realtà che pare un sogno – come in quel libro di Queneau in cui non si capisce se è il Conte d’Auge che sogna di essere Cidrolin oppure quest’ultimo che, nel torpore del sonno, sogna d’essere il Conte d’Auge – i cinque amici  - Beppe, Lorenzo, Marco, Silvio e Stefano - trasformano l’idea in concretezza e nasce il Birrificio Rurale. Uovo e gallo, gallo e uovo, ovvero il dilemma del gallo con l'uovo... Oggi il marchio del Birrificio Rurale fa bella mostra di sé in tante etichette e quel silo di Cascine Calderari – poco oltre la Certosa di Pavia – dove tutto è nato ha lasciato il posto a locali ben più ampi in quel di Desio, dove è entrato a far parte del gruppo Luca, art director della banda. Ma la qualità, la passione, l’artigianalità della birra del Birrificio Rurale rimangono le stesse di un tempo; tale la passione di questi amici.

Mentre scrivo queste poche righe per raccontare di un pomeriggio speciale e inconsueto, trascorso in un istante a riprova di quella relatività del tempo di cui si parla ormai da più di un secolo, non posso che sorseggiare una birra. Che sembra seta al palato e profuma delicatamente di coriandolo e buccia d’arancia. Beverina e leggera, stile belga, deve il suo nome – Seta – proprio a quella delicatezza e leggerezza che la contraddistinguono. Primogenita del Birrificio e "Birra dell'anno 2014", ha oggi una gemella, Seta Special an Italian touch - che profuma non più d’arancia ma di quel bergamotto che sa anche di mare e di Mediterraneo, culla degli dei.


Difficile o forse impossibile trovare una birra preferita tra quelle prodotte dal Rurale; nonostante ciò, la nota delicata tendente al pompelmo e il profumo di luppoli – rigorosamente americani – che caratterizza la APA 3° Miglio non passa inosservata. Birra storica dell’azienda e riconosciuta come “Birra dell’anno 2010” dalla Unionbirrai, evoca non solo la storia del birrificio ma anche una simpatica competizione sportiva (e un po’ goliardica) vigevanese.


Un insolito pomeriggio d’estate e un percorso tra le birre – tutte da provare - prodotte da uno dei primissimi birrifici artigianali della Lombardia. Sarà l’estate, saranno l’inebriante profumo del luppolo e la storia antica del malto che diventa come il sole nel bicchiere, sarà l’accoglienza di Marco. Gli ingredienti di questa giornata un po’ speciale sono come la birra: semplici ma che sanno nascondere un segreto. Sembra tutto, ma è solo l’inizio. Come sempre, infiniti istanti di bien vivre.


lunedì 3 agosto 2020

Tra passato e presente (nella vigna del Cavariola)


di Lucia Bongiorni

Una mattina, magari proprio questa, in cui una timida nebbia vela le colline e il caldo dei giorni passati sembra improvvisamente dimenticato, provate ad arrivare a Broni e a prendere la strada che conduce verso Canneto Pavese. Poco oltre, dopo una curva - il declivio dolce a poco a poco si fa più aspro - la valle si aprirà alla vostra destra verso il castello di Cigognola mentre, a sinistra, troverete una vigna antica con il suo "casott": ecco, fermatevi lì, perché è lì che nasce il Cavariola.



Paolo Verdi, con un sorriso, sa raccontare la storia dell'azienda della sua famiglia con la semplicità di quelle fiabe che si leggevano quando eravamo ragazzi; eppure, dietro la sobrietà della narrazione, si nasconde quel lavoro che fa sì che la vita della vite e del vino travalichino l'arco della fragilità umana e diventino parte di una storia più ampia. Come quella della famiglia Verdi, giunta in Oltrepò nel XVIII secolo e da allora dedita alla coltivazione della vite e alla produzione di vino. Occorre però attendere per vedere le etichette con il nome dell'attuale azienda, nata dalla volontà di Bruno, padre di Paolo. Negli anni Ottanta l'azienda passa proprio nelle mani di quest'ultimo, il quale si dedica con la stessa intensità tanto alla cantina quanto alla vigna. I filari più antichi, impiantati negli anni Quaranta, sono bellamente illuminati su un pendio che rende l'allevamento della vite un compito eroico e che accoglie barbera, croatina, vespolina e uva rara, coltivazioni tipiche dell'Oltrepò pavese.


Dal lavoro della famiglia Verdi nascono più etichette: Cru, Metodo classico e preziosi vini d'annata. Tra di essi, il vino del cuore di Paolo - e forse anche del padre Bruno - è proprio il Cavariola. Viene descritto come "un vino dalla forte personalità" ed è un regalo della terra che viene messo in bottiglia. Rubino nel calice, dona al naso un coinvolgente profumo di spezie. Un segreto da degustare, per ricordare un celebre aforisma di Dalì.


Se è vero che della vita si ricordano gli istanti, io non potrò dimenticare la calda e amichevole accoglienza che Paolo e la sua famiglia hanno riservato ai miei amici e a me. Un caffè e un biscotto in vigna, nel "casotto" di mattoni dove da sempre i vignaioli e i contadini hanno cercato riparo e riposo, dalle intemperie o dalla calura estiva. La scoperta, in cantina, dell'eccellenza del Cavariola e del Vergonberga - dal nome della frazione in cui si trova l'azienda - Metodo classico Extra Brut Nature, nato da uve Pinot nero e Chardonnay, dalla bolla persistente e fine, dal profumo che ricorda una giornata di festa. Infine, quattro chiacchiere in terrazza, con la vista sulle colline che amo da sempre e per sempre, come fossimo vecchi amici che si ritrovano sorseggiando un calice di vino. Infiniti, indimenticabili, istanti di bien vivre.