domenica 17 gennaio 2021

Taccuino di viaggio: sulla strada degli Infernot.


di Lucia Bongiorni

Quasi sul confine della provincia di Asti ma ancora alessandrino, sulle colline del Monferrato e a destra del torrente Grana si trova Vignale Monferrato. Un tempo lontano, prima di quello dell'uomo, non erano le colline, ma il mare a disegnare i confini con il cielo. Oggi questo mare antico non è più, ma di esso ritroviamo il ricordo nella pietra da cantoni in cui vennero scavati gli Infernot.


Architetture uniche e preziose, gli infernot sono cantine scavate a mano e prive di finestre destinate alla conservazione delle bottiglie ma altrimenti utilizzati anche per la conservazione delle carni, delle verdure e, più in generale, delle merci deperibili. Quello di Vignale, scoperto per caso durante i lavori di ristrutturazione della scuola, è piccolo e poco profondo, ma ugualmente affascinante. Gli infernot del Monferrato - inclusi dall'UNESCO nel Patrimonio dell'Umanità - sono nati dall'esigenza pratica di avere un locale per la conservazione del vino in cui temperatura e umidità fossero costanti; oggi sono monumenti materiali all'abilità dell'uomo di aver saputo trasformare la roccia in in riparo per una parte tanto importante dell'economia del Piemonte nell'Ottocento.

 
 

Ma Vignale Monferrato non è solo la prima tappa lungo la strada degli Infernot: è un paese che svela la sua bellezza a poco a poco, un vicolo dopo l'altro. A pochi passi dalla centralissima e piccola Piazza del Popolo, compare nella sua bellezza Palazzo Callori, sede dell'enoteca regionale del Monferrato.

Palazzo Callori

Costruzione sobria ma imponente, dalle caratteristiche facciate di tufo e mattoni, nasce da un edificio più piccolo e di origine medievale. In questo periodo è in corso di restauro, ma colpiscono la sobria eleganza delle stanze a piano terra e l'intima armonia del cortile interno, che conduce alla scalinata verso il giardino.

Colpa forse della passeggiata o della consapevolezza della bontà della cucina locale, l'ora di pranzo si trasforma in gioia alla Trattoria Sarroc. Poco distante dal centro, la terrazza del ristorante si apre verso le colline e invoglia, prima di tutto, a fermarsi a guardare i declivi pettinati di viti e le nuvole di un cielo che comincia a profumare dell'autunno incipiente. 

 

Si chiama Sarroc da via San Rocco, dove i padroni della splendida trattoria avevano comperato l'immobile per l'omonimo loro primo locale. Adesso il ristorante è stato spostato in una vecchia cascina, sapientemente ed elegantemente ristrutturata, dove al calore dei locali si unisce l'altrettanto calorosa accoglienza del personale. 


La cucina è piemontese, rispettosa della tradizioni e del territorio; la carta dei vini interessante, completa e chiara, che parte dalla grande tradizione enologica del Piemonte per poi allargarsi anche ad altre realtà regionali. Incapace di scegliere quali piatti ordinare, non ho saputo resistere al superbo "Trionfo piemontese in tavola": una tavolozza dei sapori e dei colori della tradizione monferrina resa ancora più accattivante da qualche bacca di americanino, dal profumo di fragola. Un crescendo di sapori che scalda il palato e il cuore e che ritrovo nei golosissimi gnocchi alla fonduta di Castelmagno con miele e noci. 

Trionfo piemontese in tavola

Gnocchi con fonduta di Castelmagno

Ad accompagnare il pranzo, un Ruché DOCG di Castagnole Monferrato, vino rosso secco, rubino agli occhi, intenso e leggermente speziato al palato, spesso tradizionalmente servito con gli antipasti caldi piemontesi e con i formaggi mediamente stagionati.

Ho aspettato tanto, forse troppo, prima di scrivere queste poche righe. Forse avrei dovuto farlo prima, ma confesso che mi sono mancate la voglia e lo spirito. Sempre immersa nel lavoro, sempre davanti al computer - maligno strumento che ormai accompagna ogni nostra attività - alla sera non avevo più voglia di pensare. Adesso siamo tornati ancora in zona rossa ma voglio che questo colore continui a ricordarmi le ciliegie, i tramonti al mare, le fragole mature o un calice di vino, non il fatto che posso guardare il mondo solo attraverso i vetri della mia finestra. 

Ho deciso di tornare a raccontare di vino e di cibo usando il materiale delle poche giornate trascorse in serenità, tra l'estate e il primo autunno, quando le foglie cominciano a imbrunirsi: un taccuino di viaggio, questa volta, da assaporare con il ricordo e nel desiderio di tornare presto a essere più spensierati, tornare a quando ci sembrava di non avere niente e invece avevamo forse non tutto, ma molto più di oggi.


Dove si perde il ricordo...