lunedì 14 novembre 2016

Quelle colline che riempiono cielo e terra: il Piemonte, tra tradizione e ricordo.

Porcini trifolati a condire piccoli gnocchetti di Seirass
di Lucia Bongiorni


Per qualche motivo di cui noi stessi siamo più o meno consapevoli, vi sono luoghi che risiedono, da sempre, in un angolo del nostro cuore. E se per luogo noi intendiamo i profumi, i colori, i ricordi antichi o meno, il declivio dolce delle colline che si perde oltre le canne e l’idea del mare che si possa sempre intravedere oltre la prossima curva, dopo il prossimo filare, allora esso cessa di essere un “luogo” per divenire una parte della nostra anima. Questo è per me il Piemonte: il profumo della torta della nonna e la collina appena oltre il torrente, di fronte alla casa della mia infanzia. Una terra che sa esprimersi in grandi vini e in piatti sempre legati alla memoria del territorio, contadina oppure borghese: una cucina saporita, vera, viva, incessantemente valorizzata dalle tante sagre che colorano le piazze di paese durante l’estate e che culminano nella conclusiva Fiera delle sagre settembrina. E se “le Langhe non si perdono”, per citare l’amato Cesare Pavese, nemmeno si perde la tradizionale buona cucina piemontese e langarola, che continua a onorare la ricchezza di un territorio sempre da scoprire o da ritrovare, come in un gioco in cui il tempo, sempre il nostro tempo, ricopre un ruolo fondamentale.


Una cena tra amici è l’occasione per ritrovare antichi sapori in alcuni piatti  legati a un territorio a me tanto caro. Protagonista dell’antipasto e del primo, dopo una Giardiniera alla maniera antica servita con il tonno, il Seirass, ricotta piemontese mista, soda e compatta: deliziosa, diviene l’ingrediente principale di piccoli gnocchetti serviti con funghi porcini trifolati, possibilmente della Val d’Aveto, e di una crema con basilico e tonno servita con croccanti grissini tradizionali.

Polpettine di menta e spezie in carpione



Più legato alla tradizione rustica e contadina delle Langhe, una delle seconde portate è costituita da piccole “Birille” di carne macinata, insaporite da spezie e da un trito di menta freschissima e profumata quindi servite in un carpione di forte aceto rosso e vino. Come riporta Giovanni Goria nel prezioso “Cucina del Piemonte collinare e vignaiolo”, pubblicato da Franco Muzzio Editore, un piatto in carpione che si presta ad essere servito anche nelle calde serate estive  - “cibo assai grato nell’estate, perché acidino, fresco, stuzzicante” (G. Goria, op.cit. pag. 77) - e conservabile per più giorni, come usavano fare anche i contadini langaroli, divenendo sempre più gustoso.
 

E poi? Che dire d'altro, se non che mi è stato detto che sono una donna coraggiosa, perché ho avuto il "coraggio" di cucinare per uno chef. Ma a tavola, prima di ogni altra cosa, esistono l'amicizia e il sorriso, così il profumo della tradizione diventa il tempo dell'amicizia: brevi ma infiniti istanti di bien vivre.




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